lunedì 14 novembre 2016

Star Trek e il tradimento di Shakespeare ovvero Sull’importanza del titolo


È probabile che se chiedessimo ai fan di Star Trek quale serie amino di più e per quali ragioni, avremmo risposte discordanti,  e forse ci sentiremmo indicare gli stessi elementi  ora come un difetto o un limite, ora  come un pregio o una peculiarità. Anche gli amanti a spada tratta della serie classica (tra cui il sottoscritto) non possono negare che questa soffra talvolta di grosse ingenuità; tuttavia essa annovera un episodio che, a mia conoscenza, non ha eguali nelle altre serie (Next Generation, Deep Space 9) per densità di richiami letterari e per complessità strutturale, al punto da  chiamare in causa un aspetto che è più facile incontrare trattando di  letteratura che di serie televisive: il nesso spesso vitale tra un’opera e il suo titolo. Mi riferisco all’episodio n.13 della prima stagione, intitolato, nella versione inglese “The conscience of the King”, ma tradotto in italiano “La magnificenza del Re”. Teniamo a mente questa differenza perché è il nodo di tutta la questione. 

Innanzitutto la trama dell’episodio: il capitano Kirk sospetta che il celebre attore Anton Karidian sia in realtà il criminale politico Kodos detto “il carnefice”, dato ufficialmente per morto vent'anni prima. Kodos, governatore del pianeta Tarsus IV, aveva ordinato l’esecuzione di migliaia di abitanti durante una grave carestia, per consentire ai superstiti di sopravvivere, e tra le vittime vi erano stati anche familiari dello stesso Kirk. Questi, volendo indagare, si offre di accompagnare con l'Enterprise la compagnia teatrale di Karidian, specializzata in drammi di Shakespeare, sul prossimo pianeta previsto dalla loro tournée; nella compagnia vi è anche la figlia di Karidian, Lenore, da cui Kirk è peraltro notevolmente attratto e che sembra ricambiarlo. Karidian intende sdebitarsi del passaggio intrattenendo l’equipaggio con la rappresentazione di un dramma di Shakespeare. Indagando su una serie di omicidi coincidenti con le tappe della tournée della compagnia, il primo ufficiale Spock scopre che le vittime erano accomunate da un elemento biografico: erano tra le poche persone ancora in vita  in grado di riconoscere de visu "Kodos il carnefice";  inoltre, a bordo dell’Enterprise vi sono due di queste persone: lo stesso Kirk e un altro membro dell'equipaggio e infatti  entrambi subiranno, durante il viaggio, un tentativo di omicidio.
Kirk sottopone Karidian a un test che lo convince della sua identità con Kodos, e così, mentre la compagnia mette in scena Amleto, l'assassino viene allo scoperto per uccidere Kirk: è Lenore, che all'insaputa del padre aveva via via eliminato tutti i testimoni in grado di smascherarlo. Karidian, nel tentativo di impedire che Kirk venga ucciso, è colpito a morte da Lenore, la quale, a causa del dolore, perde la ragione.
L’episodio, come vedremo, è di eccezionale densità perché, oltre a fitte corrispondenze letterarie, sfrutta profondamente l’espediente del metateatro. Se gli sceneggiatori e il regista fossero completamente consapevoli di tale risultanza non saprei dire, anche se sarei propenso a negarlo e a pensare piuttosto che si sia verificata una felice coincidenza di elementi; ma l’efficacia di ciò che ne è risultato resta fuori discussione.
Il metateatro (altrimenti detto “teatro nel teatro”) è l’espediente di inscenare all’interno di una rappresentazione un’altra rappresentazione. Nell’episodio in esame, possiamo riconoscere tre livelli di meateatro: due prodotti dal suo particolare intreccio  e uno strutturale alla serie nel suo insieme. Partiamo da quest’ultimo, osservando che la serie classica di Star Trek ha un’impostazione fortemente teatrale, determinata sia dalla recitazione dei suoi protagonisti e antagonisti principali, sia dai limitati mezzi tecnici ed economici. Le scene di interno erano girate in piccoli studi / teatri di posa e così la gran parte delle scene ambientate sulla superficie di pianeti, che si distinguevano in modo imbarazzante dalle rare esterne,  non potendo nascondere i contorni del  palcoscenico e del fondale né tantomeno le ombre multiple proiettate dalle luci artificiali; gli arredi erano scarsi e spesso palesemente riciclati. L’obiettivo del realismo era talmente fuori portata che si risolse di sostituirlo col pittoricismo e il simbolismo: ambienti per lo più spogli, contrassegnati da pochi oggetti carichi di significato, tanto che in alcuni casi sembra di essere di fronte e dei veri e propri quadri metafisici in tre dimensioni. Guardare un episodio della serie classica di Star Trek significa, oggi forse ancora più di allora, combinare la normale ‘sospensione dell’incredulità’ richiesta dalla fiction con la consapevolezza di assistere non a una ipotetica realtà futura, ma alla rappresentazione teatrale di quella ipotetica realtà. 

Come inzia il nostro episodio? Con un primo piano su un pugnale insanguinato: via via che il campo si allarga e intervengono le voci, si capisce che stiamo assistendo alla rappresentazione teatrale del Macbeth di Shakespeare e proseguendo scopriamo che ci troviamo sul pianeta dove la compagnia di Karidian aveva in programma uno spettacolo; ad esso assistono il capitano Kirk e suo amico Dr. Leighton, che ha attirato lì l’Enterprise con un pretesto, desiderando in realtà confidare all’amico Kirk la sua certezza sull’identità tra Karidian e Kodos, dato per morto vent’anni prima.
Il primo livello di metateatro ha agito subito in apertura creando un’ambiguità: viene ripresa una scena “in costume” recitata sul palcoscenico, all’interno di un'altra scena con gente “in costume” che sono i personaggi di un telefilm teatralizzante: tra le due dimensioni non si percepisce alcuna differenza finché essa non viene evidenziata a forza da un dialogo tra spettatori: il dr. Leighton che  dichiara a Kirk che la voce dell’attore Karidian è inconfondibilmente quella di “Kodos il Carnefice”.
Passiamo ora al secondo livello di metateatro: a brandire il pugnale era proprio Karidian, nei panni di Macbeth che pugnala a morte il dormiente re Duncan. Per quanto concerne il personaggio di Macbeth, basterà qui ricordare che egli, sensibile all’ambizione di conseguire i più alti onori, è combattuto tra la  tentazione di ricorrere a vie disoneste e la consapevolezza che la sua coscienza, in quel caso, lo tormenterebbe senza scampo. Tuttavia, allettato dalle profezie delle tre streghe indovine e aizzato dalla dialettica della moglie, virago per certi tratti ‘demoniaca’, intraprende la strada del delitto in una rovinosa escalation di morte, orrori e ironia tragica.
La sceneggiatura, insomma, ci suggerisce fin da subito l’identificazione Karidian = MacBeth, il che vuol dire la possibilità di giocare a trasferire le qualità dell’uno nell’altro: ambizione, capacità di compiere efferatezze, tormento della coscienza.
Nella scena iii dell’atto I, Macbeth vede per la prima volta  le tre  streghe che così si rivolgono a lui:
PRIMA STREGA:         Salute a te, MacBeth, barone di Glamis!
SECONDA STREGA:  Salute a te, MacBeth, barone di Cawdor!
TERZA STREGA:         Salute a te, MacBeth, che sarai re!

Se l’identificazione Karidian = MacBeth funziona nei due sensi, allora potremmo riformulare il saluto delle streghe in un'unica battuta:
STREGHE:  Salute a te, Karidian, tu che fosti  Kodos!

Il richiamo fonetico  Cawdor/Kodos sembra intrecciare nelle trame imperscrutabili del fato  il futuro prossimo di MacBeth   e il passato lontano di Karidian.
Lasciamo ora il MacBeth per passare ad Amleto: il dramma che la compagnia di Karidian ha scelto di inscenare sull’Enterprise in cambio del passaggio. Qui l’espediente del metateatro raggiunge un ulteriore livello di profondità e di rispecchiamento, attraverso un meccanismo di anticipazione.
All’inizio del dramma, Amleto, pur inquieto e immalinconito oltre misura dalla morte del padre e dalle nozze della madre con lo zio Claudio, non è agitato da sospetti consci, né da una rabbiosa brama di vendetta (priva peraltro di  un plausibile destinatario): sarà il fantasma del padre a infiammarlo, a spingerlo a architettare la vendetta e a nascondere i suoi propositi dietro una pazzia recitata.
La corrispondenza è ora tra Kirk e Amleto: il primo, come il secondo, non è in principio ossessionato dalla vendetta per la morte di un congiunto ed è molto cauto, se non scettico, di fronte alla sicurezza di Leighton. Quando però quest’ultimo viene ucciso (diventando così l’equivalente del “fantasma veridico” di re Amleto), allora Kirk è contagiato dalla stessa febbre e si convince sempre più che Leighton avesse ragione.
L’arrivo a Elsinore di una compagnia di attori girovaghi suggerisce ad Amleto il piano di rappresentare a corte un regicidio per impressionare re Claudio e farlo tradire. Analogamente, Kirk chiede a Karidian di leggere di fronte a un analizzatore vocale il famigerato discorso pronunciato da Kodos vent’anni prima, con cui ordinava l’esecuzione di 4.000 civili, al fine di avere un confronto cogente e stabilirne una volta per tutte l’identità.  Karidian non ha nemmeno bisogno di leggere il  testo, dimostrando di conoscerlo a memoria: il radiodramma organizzato da Kirk ha messo Karidian in trappola. Quando re Claudio, infastidito dallo spettacolo messo in piedi da Amleto, gli chiede il titolo, Amleto risponde: “Trappola per topi”; ma già al termine del soliloquio di II, ii aveva preannunciato che:
"the play's the thing
Wherein I'll catch the conscience of the king".

Dr. Leighton = fantasma di re Amleto; Elsinore = Enterprise; Kirk = Amleto; Karidian = re Claudio; Trappola per topi = comunicato di Kodos.

Vediamo così che  l’Amleto, esso stesso un dramma metateatrale  in cui la finzione del palcoscenico serve a rivelare la verità del dramma, è  anticipato e ricalcato nella realtà dell’episodio di Star Trek.
Ma le corrispondenze non finiscono qui, e anzi si confondono: dietro le quinte dell’Amleto inscenato dalla compagnia di Karidian, Lenore cerca di eliminare Kirk e accidentalmente uccide suo padre.
Un assassinio involontario che si compie dietro il tendaggio che divide attori e spettatori: esattamente come  accade ad Amleto che “scambiandolo per un topo”, trafigge Polonio nascosto dietro un arazzo nella camera della regina, per spiare il suo colloquio col figlio.
La morte di Polonio provoca la pazzia di sua figlia Ofelia, già ferita dal ‘tradimento’ di Amleto.
Il flirt tra Kirk e Lenore  rafforza così l’identificazione di Kirk con Amleto, mentre Karidian/Kodos, proprio per la sua duplice identità, è insieme Re Claudio rispetto a Kirk e Polonio rispetto a Lenore.
Inscenare la sua pazzia, aveva comportato per Amleto troncare il gioco d’amore con Ofelia;  ma  Polonio, capovolgendo le cose, si era convinto che la pazzia di Amleto fosse vera e causata dal rifiuto di Ofelia; la finta pazzia di Amleto diventa così la causa della morte di Polonio e della vera pazzia di Ofelia.
Nella realtà del nostro episodio, la rottura dell’idillio tra Lenore=Ofelia e Kirk=Amleto è causata indirettamente dal secondo per aver smascherato Karidian ed essere diventato un testimone da eliminare.  Inoltre, Kirk = Amleto provoca  indirettamente la morte di Karidian -Kodos = Polonio/Claudio e questa causa la pazzia di sua figlia: la pazzia di Ofelia = la pazzia di Lenore.
Arrivati al culmine di queste vorticose corrispondenze, però, la versione italiana dell’episodio ribadisce l’errore fatale del cambiamento del titolo, facendolo ripetere a Lenore mentre stringe il corpo senza vita del padre vestito per l’Amleto: “Ammirate la magnificenza del re!”.
Di magnificenza, qui, non vi è traccia, e i curatori italiani della serie non hanno capito molto, anzi nulla di questi rimandi e della funzione organica assunta dal titolo originale che, giustamente, è “The conscience of the king”, preso direttamente dall’ultimo verso di Amleto II,ii. “La coscienza del re” è la coscienza di re Claudio, di re Macbeth e di Kodos “re” di Tarsus IV.
Tutto ciò per dire che quando si tratta di applicare i princìpi dell’arte, non vi è distinzione tra generi, né classifiche di serietà. Nell’antichità e nel medioevo opere letterarie e artistiche  erano conosciute sotto molti nomi perché, non avendo alcun titolo, ricevevano denominazioni diverse di chi le citava; a un certo punto, spesso molto tempo dopo, si definiva un titolo, per lo più  postumo, che aveva finito col prevalere su altri concorrenti.
Un testo classico come l’opera storica di Tucidide è universalmente nota come “Guerra del Peloponneso” , che però è un titolo moderno, e per di più inesatto.
Sonetti e canzoni dei poeti europei di età basso medievale sono identificati di solito dal primo verso, non avendo gli autori cincepito l’idea di un “titolo suggestivo”, alla maniera di "Soldati" di Ungaretti, tanto per intenderci.
I titoli dei quadri di Hieronymus Bosch (chi non conosce "Il giardino delle delizie"?) sono invenzioni a posteriori: nessuna fonte dell’epoca riporta titoli originali per le opere di lui conservate.
Gli esempi sono infiniti. Ma nell’arte e nella letteratura  moderne il titolo ha in molti casi una funzione vitale, organica al contenuto dell’opera, spesso decisiva per la comprensione esatta dell’opera stessa. Basterebbe pensare alla pittura surrealista: molti quadri di Dalì subirebbero un danno incalcolabile nella loro comprensione senza il titolo  dato dall’autore. Nel caso delle opere surrealiste o post-moderne, potremmo addirittura affermare che il titolo contribuisce per metà, se non più, al valore complessivo della realizzazione.
Nella letteratura contemporanea certi titoli suggestivi creano suspence nel lettore, che magari deve aspettare le ultime se non l’ultima pagina per capire “come ci azzecca”: Il nome della rosa, The Catcher in the Rye ad esempio; a volte gli autori inventano quiz letterari o di cultura che si aspettano siano risolti  dai loro “lettori ideali”: A che punto è la notte (Fruttero e Lucentini) , La casa di Asterione (Borges), Lot (S. King).
Questi giochi possono anche raggiungere un livello complesso di richiami letterari interni tanto da farci addentrare nelle ramificazioni di una vera e propria “vigna del testo”, come nel caso di questo bellissimo episodio di Star Trek che vede però, nell’edizione italiana, l’imperdonabile tradimento di Shakespeare.